Wei-ji è l’ideogramma cinese del termine crisi, è composto dalle parole pericolo e opportunità. In nessuna altra lingua è così ben condensato il significato del termine.
L’impatto di catastrofi sul valore azionario
Da un punto di vista strettamente morale, lo studio delle conseguenze che una tragedia, come un incidente aereo o l’esplosione di un impianto chimico, può avere in termini finanziari, ovvero di impatto sul valore azionario dell’azienda coinvolta, può certamente apparire morboso e, come dire, non molto “fair”.
Ma tant’è, subito dopo (e per certi versi durante) la crisi primaria e di interesse più generale per la comunità, l’impatto che questa avrà sul mercato azionario è un altro problema, non proprio secondario, che l’azienda colpita si troverà ad affrontare e vedremo come, ancora una volta, la capacità del management di prevedere e prevenire, ma soprattutto di gestire e comunicare la crisi, si rivelerà molto più importante ed incisiva di altri aspetti solo apparentemente più rilevanti.
D’altra parte, oggi più che mai, una catastrofe o comunque un evento che rechi gravi danni alla comunità offre l’opportunità, fortunatamente rara, di comprendere come i mercati finanziari reagiscano quando il rischio più grave tra quelli previsti (o imprevisti …) diviene realtà.
Da una ricerca condotta dalla Oxford University, sono emersi aspetti controversi ed in parte inaspettati sulla questione.
L’analisi condotta su un panel di aziende che si erano trovate ad affrontare le conseguenze di una catastrofe o comunque di incidenti gravi (con decessi, forte impatto ambientale, etc.) ha permesso di identificare fondamentalmente due categorie: le aziende che nel lungo termine sono state in grado di recuperare (e talvolta superare) il valore azionario segnato prima della crisi (recoverers) e quelle che non lo hanno fatto (non-recoverers).
Nell’evolversi della situazione, i due gruppi dimostrano alcuni elementi in comune e qualche chiara distinzione:
Elementi in comune:
- tutte le aziende colpite, nei giorni immediatamente successivi all’evento negativo, subiscono un decremento del valore, pari in media all’8% (qualche caso limite: il caso Bhopal e l’incidente aereo del DC9 Miami-Atlanta portarono, rispettivamente a Union Carbide e Valutet, un vertiginoso ribasso del 35%)
- il numero di contrattazioni nei primi giorni che seguono l’evento sale fino ad essere quadruplicato, rientrando nella norma, in media, nell’arco di un mese (coincidendo spesso con un indice di recupero)
- l’impatto in termini di volatilità del valore azionario sembra essere rilevante solo inizialmente, per poi assestarsi poco dopo, in modo assolutamente identico per recoverers e non-recoverers.
Elementi distintivi:
- il decremento iniziale è spesso indicativo circa l’eventuale capacità di recupero sul lungo termine: in media infatti si posiziona intorno al 5% per le aziende recoverers e all’11 % per le non-recoverers;
- la forte impennata nel numero di contrattazioni è in realtà maggiormente caratteristica dei casi di non-recoverers, mentre una più contenuta frenesia è normalmente segno di un successivo recupero del valore azionario
- nell’arco di 50 giorni di contrattazione, le aziende che poi si rivelano recoverers mostrano generalmente un movimento di recupero, fino anche a ritornare al valore iniziale; le aziende non-recoverers tendono a ritrovarsi nella medesima situazione indicata intorno al 5 giorno dopo l’evento, ma continuano a segnare un indice negativo, pari almeno al 15%, fino ad un anno più tardi.
E’ significativo rilevare come l’esistenza di una copertura assicurativa, che garantisca almeno in parte il recupero in termini economici dei danni procurati dalla catastrofe, abbia una scarsa influenza sul conseguente andamento del valore azionario dell’azienda e quindi sulla sua collocazione nel gruppo dei recoverers piuttosto che in quello dei non-recoverers. Influenza che è di gran lunga inferiore a quella prodotta dall’operato del management in termini di buona gestione delle conseguenze della crisi e di comunicazione dell’evolversi della stessa. Paradossalmente infatti, una catastrofe o comunque una crisi rappresenta una opportunità per il management di dimostrare le proprie capacità di gestione (e per l’azienda, una opportunità di conseguente “revisione” del proprio management!).
Non ultimo, il numero di decessi o comunque la gravità delle conseguenze derivanti dall’evento negativo ha certamente un proprio impatto sull’andamento del valore azionario.
Come accennato, tra le aziende recoverers, nel lungo termine, si è verificato in alcuni casi addirittura un incremento del valore azionario, rispetto a quello riscontrato prima della crisi. In questi casi, i due elementi fondamentali sono stati individuati nella tempestività di valutazione della perdita economica derivante dalla crisi stessa e, come già detto, nella capacità del management aziendale di valutarne e gestirne l’andamento e le conseguenze.