Wei-ji è l’ideogramma cinese del termine crisi, è composto dalle parole pericolo e opportunità. In nessuna altra lingua è così ben condensato il significato del termine.
Il caso Tylenol
30 settembre 1982: All’ufficio relazioni pubbliche del gruppo J&J arriva la telefonata di un reporter del Chicago Tribune, il quale chiede informazioni circa il gruppo stesso, una azienda che ne faceva parte, la McNeil Consumer Products Co., ed il Tylenol, una linea di prodotti analgesici confezionati e distribuiti da quest’ultima.
Il Direttore dell’ufficio RP, insospettito da questa telefonata, richiama il giornalista e, chiedendo delucidazioni, scopre che questi indagava sul sospetto che, in qualche modo, un decesso recentemente avvenuto nell’area di Chicago fosse collegato all’assunzione di Tylenol da parte della vittima.
Fu la prima di 2500 richieste di informazioni giunte alla J&J dal solo ambito dei media.
Le autorità scoprirono che tutte le vittime (7 persone, tra cui una bimba di 12 anni) avevano assunto compresse di Tylenol Extra Strength, (un diffusissimo antidolorifico per il quale cui non era richiesta alcuna prescrizione), compresse che erano state avvelenate con cianuro di potassio.
Questo il prologo di un caso che è rimasto nella storia del crisis management ed è tutt’oggi ricordato per l’esemplare gestione della comunicazione da parte del gruppo J&J. Perché?
Qualche dato che aiuta a comprendere la complessità e l’importanza del caso: negli Stati Uniti, il mercato degli analgesici da banco ammontava allora ad un miliardo di dollari e la quota di mercato attribuibile al Tylenol era pari al 35%. Il caso Tylenol ebbe una risonanza enorme, valutabile dalla mole della rassegna stampa relativa: 138.000 articoli.
Ma ecco le decisioni che, prese ed attuate con estrema rapidità e lungimiranza dal top management, portarono ai risultati positivi che vedremo più avanti, in termini di mantenimento e recupero (se non rafforzamento) della fiducia dei consumatori e, conseguentemente, delle quote di mercato.
Jim Burke, il CEO di J&J, affidò a David E. Collins (Chairman di McNeil) la gestione della crisi, che venne operata da un team appositamente designato (di cui facevano parte esperti di RP) e che per tutto il tempo della crisi si occupò esclusivamente di questa attività, mentre il resto del management, pur costantemente informato, poteva continuare a concentrarsi sulla gestione del business.
Per consentire una rapida e capillare informazione ed ottenere quindi la collaborazione di tutti, J&J inviò qualcosa come 450.000 messaggi agli addetti ai lavori (medici compresi) e produsse annunci su giornali e TV, per invitare i consumatori e consegnare le confezioni di Tylenol di cui fossero in possesso. Contemporaneamente, comunicò l’apertura di un numero verde per la richiesta di qualsiasi informazione in merito.
Dopo soli 5 giorni, l’azienda fu in grado di procedere al ritiro di circa 31 milioni di confezioni (distributori, grossisti, farmacie e case). Il ritiro avvenne contro il parere della FDA, che non lo riteneva necessario.
Fin quasi dal primo giorno, gli executive di J&J si resero disponibili ad interviste e a partecipare a trasmissioni radio-televisive, dove potevano esprimere la posizione dell’azienda nella maniera più diretta, chiara e trasparente possibile, attribuendo all’azienda l’importante ruolo di fonte di informazione tempestiva, accurata e affidabile.
I dipendenti del gruppo erano stati tempestivamente e continuamente informati e in questo modo, l’empatia nei confronti dell’azienda fu spontanea e la loro collaborazione molto efficace.
Bloccata la fase acuta della crisi, ovvero eliminato il pericolo di ulteriori avvelenamenti, J&J dovette interrogarsi su come rivedere il confezionamento di un prodotto da banco come il Tylenol, per evitare che episodi del genere potessero mai ripetersi.
Il punto fondamentale però era: come riconquistare la fiducia dei consumatori non solo verso il prodotto ma anche e soprattutto verso l’azienda?
L’azienda, con la collaborazione dell’FDA, studiò una nuova confezione, cosiddetta “tamper-proof” (anti-manomissione) e, sei settimane dopo il ritiro, annunciava il rientro in commercio della specialità, illustrando la nuova confezione, con una video conferenza tenuta simultaneamente in 30 località diverse degli Stati Uniti, molte delle quali collegate in modo che i giornalisti presenti nelle varie sedi potessero fare domande ed interagire con i relatori. Durante la conferenza, si annunciò anche la produzione di un coupon che dava diritto ad un sconto di 2,50$ sull’acquisto di una qualsiasi confezione di Tylenol (coupon disponibile su alcune testate o facendone richiesta al numero verde).
I risultati
Nell’arco di cinque mesi, il Tylenol recuperò il 70% della sua quota di mercato (che durante la crisi era scesa al 13%), recupero che raggiunse il 98% nel giro di qualche anno. Al numero verde arrivarono 250.000 richieste per il coupon di sconto, 136.000 nei primi 11 giorni dall’annuncio.
L’immagine dell’azienda ne uscì intatta, se non addirittura rafforzata.
I media avevano trovato un interlocutore responsabile, disponibile, aperto e proattivo, che seppe così affermarsi come l’unica fonte di informazioni accurate. L’azienda comunicò in modo trasparente ed immediato, anche quando si scoprì che il cianuro di potassio veniva usato nei suoi laboratori, mentre fino ad allora si credeva (ed era stato dichiarato) che non ne esistesse all’interno delle installazioni aziendali.
I consumatori avevano alla fine riconosciuto all’azienda un ruolo di vittima essa stessa degli eventi ed una volontà palesata di fare tutto il possibile per arginare il danno al pubblico, rassicurandolo contemporaneamente sulla sua sicurezza futura, non solo con l’espressione di cordoglio e buone intenzioni (peraltro sempre efficaci e gradite) ma anche e soprattutto con i fatti.
J&J aveva fortemente creduto nell’operazione di ritiro del prodotto e aveva quindi proceduto, andando oltre qualsiasi disposizione imposta dalle autorità in termini di procedure di sicurezza ed intervento per la salute dei consumatori
J&J affrontò un ritiro totale di tutti i prodotti sotto marchio Tylenol, con un costo di 100 milioni di dollari di materiale e altrettanti come costo della campagna di ritiro. Dimostrando così ai media ed ai consumatori di avere a cuore la salute e la sicurezza di questi ultimi prima del proprio fatturato. Questa fu però soprattutto una dimostrazione di lungimiranza, in termini di buona gestione della crisi: la prima geniale intuizione fu proprio quella di comprendere che la crisi stava fondamentalmente nel pericolo che il nome dell’azienda rimanesse ineluttabilmente macchiato da questo episodio, compromettendo quindi non solo un unico, per quanto importante, mercato ma l’intero business del gruppo. In questa ottica, anche il costo di oltre 40.000$ della mega conferenza, organizzata per l’annuncio del rilancio sul mercato della specialità, non fu nulla se confrontato con le perdite cui si sarebbe andati incontro in caso di azioni di comunicazione intempestive e non altrettanto efficaci. L’azienda aveva saputo riconoscere la necessità di un sacrificio a breve termine, che avrebbe dato riscontri significativi nel tempo.
J&J aveva dimostrato, ripagata, di sapere e volere davvero applicare quel “Credo” da sempre esposto nelle proprie bacheche e che recitava più o meno così: “le nostre responsabilità sono prima di tutto verso i consumatori, poi verso i nostri dipendenti, poi nei confronti delle comunità che serviamo e, infine, verso i nostri azionisti”.
Il modo in cui J&J ha gestito la crisi del Tylenol è ancora oggi citato come un caso esemplare di crisis management.
Da allora, le confezioni tamper-proof sono utilizzate per moltissime specialità farmaceutiche.
A tutt’oggi il criminale responsabile di questi omicidi non è stato identificato e la taglia di 100.000 dollari offerta dalla Johnson & Johnson non è mai stata reclamata.